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MEDIAZIONE: LE PARTI DEVONO RIFERIRE AL GIUDICE LE MOTIVAZIONI DEL PROPRIO DINIEGO?

Tribunale, Firenze, sez. III, provvedimento 17/02/2017

Imporre alla parte di riferire al giudice le motivazioni che hanno determinato il rifiuto della proposta conciliativa formulata dal mediatore rischia di inibire la funzione del procedimento di mediazione come luogo protetto ove le parti possono “scoprire le carte” al fine di tentare la composizione bonaria della lite.

Caso in breve 

Con l’ordinanza in commento il Tribunale di Firenze ritorna sulla tematica della mediazione demandata dal giudice ai sensi dell’ art. 5, comma 2, D. Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, argomento su cui – negli ultimi mesi – la giurisprudenza di merito ha avuto più volte occasione di soffermarsi.

L’ordinanza annotata, che pare pronunciata nella fase processuale immediatamente successiva al deposito delle memorie di cui all’ art.. 183. comma 6, c.p.c., assume particolare rilievo in quanto, oltre ad invitare le parti a promuovere il procedimento di mediazione “demandata” ai sensi dell’ art. 5, comma 2, D.Lgs n. 28/2010, peraltro accogliendo l’istanza a tal proposito formulata da una delle parti costituite, pone in capo alle medesime l’onere di depositare, all’esito del procedimento di mediazione, una nota informativa a contenuto vincolato.

Imporre alle parti di riferire al giudice le motivazioni dell’eventuale diniego alla proposta del mediatore, di fatto obbligando quest’ultime a rendere conto nel merito delle posizioni prese e delle affermazioni rese nel corso della mediazione, rischia di violare il principio di riservatezza frustrando la funzione appena delineata del procedimento di mediazione.

Infatti, se la parte sapesse di dover in qualche modo rendere conto al giudice delle posizioni assunte nel corso della mediazione, ben si guarderebbe dallo spingersi troppo in là nella prospettazione di proposte conciliative che, al di fuori del contesto transattivo, potrebbero comprometterla.

In conclusione, l’ordinanza del Tribunale di Firenze, pur condivisibile nel merito, non è totalmente suffragata da un idoneo impianto normativo e rischia, anzi, di frustrare in parte l’utilità del procedimento di mediazione.

Essa, infatti, assume un’impostazione che non è stata ancora fatta propria del legislatore e che, allo stato, è priva degli strumenti per poter essere efficacemente attuata.

In ogni caso, l’ordinanza de qua ha il merito di fornire ulteriori spunti di riflessione nell’ambito del fervente dibattito sulle prospettive di riforma della mediazione, al fine potenziarne l’efficacia deflattiva in un’ottica di maggiore integrazione con il giudizio e l’organo giurisdizionale.

FONTE: http://altalex.com

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