NON E’ NECESSARIO CHE LE PARTI PARTECIPANO ALLA MEDIAZIONE, BASTA ANCHE SOLO IL DIFENSORE

TRIBUNALE DI VERONA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI VERONA
SEZIONE III CIVILE
Il Tribunale, in persona del Giudice Unico Massimo Vaccari ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile di I Grado iscritta al N. –/2013 RG promossa da
C.A.
Contro
Banca
Nonché contro
S.L.FL.AG.
Motivi della decisione
Punti 1) – 3) (Omissis)
4) La sanzione per la mancata partecipazione al procedimento di mediazione e il regime delle spese.
In comparsa conclusionale l’attrice ha stigmatizzato il comportamento, refrattario ad una soluzione conciliativa della lite, che le convenute hanno tenuto nella fase di mediazione obbligatoria, così solleticando implicitamente l’adozione nei loro confronti da parte di questo giudice delle sanzioni di cui all’art. 8, comma 4 bis, d.lgs. 28/2010.
Orbene, sul punto occorre differenziare la posizione delle due convenute atteso che la Banca partecipò alla fase stragiudiziale tramite il proprio difensore, dichiarando che non intendeva proseguire nella procedura, mentre l’altra convenuta disertò il primo incontro, per come può evincersi dal verbale del primo incontro di mediazione prodotto in causa (doc. 17 di parte S.).
In giudizio, tale parte ha sostenuto che la sua assenza all’incombente fu giustificata atteso che il proprio difensore, come dallo stesso comunicato per telefono al mediatore, non poté intervenire a causa di un improvviso impedimento e ha anche assunto che tali circostanze risultano dal predetto verbale.
Orbene, sul unto deve osservarsi come nel verbale in questione sia stato riportato solo quanto il difensore aveva riferito al mediatore cosicché la circostanza del suo non meglio precisato impedimento è del tutto indimostrata, al pari di quella che egli aveva richiesto un rinvio dell’incontro per poter intervenire.
Né può condividersi l’ulteriore assunto di S.L. che il rifiuto del difensore di Banca di proseguire nella procedura aveva poi reso inutile quel differimento, atteso che le posizioni delle due convenute sono distinte e la definizione in via conciliativa dell’una non era indissolubilmente legata alla definizione dell’altra.
Il comportamento tenuto dalla Banca integra invece pienamente la partecipazione al procedimento di mediazione.
Prima di motivare tale conclusione è opportuno premettere che questo giudice non condivide l’orientamento giurisprudenziale, invero prevalente, che assume ai fini dell’assolvimento della condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 comma 1 bis, d.lgs. 28/2010 è necessario che partecipino alla mediazione le parti personalmente (assistite dai difensori) e non solo i difensori. (
Tale indirizzo si fonda principalmente su un dato normativo letterale, ovvero i riferimenti che l’art.8 comma 1, del d.lgs. 28/2010, nel descrivere le modalità di svolgimento della mediazione, fa alla parte e al difensore quali soggetti che vi partecipano.
In contrario deve però osservarsi che né questa norma, né altre del d.lgs. 28/2010, prescrivono la presenza obbligatoria della parte alla procedura, cosicché ad essa deve riconoscersi natura semplicemente descrittiva di quello che il legislatore ha pensato poter essere lo sviluppo della procedura.
Al contempo nessuna disposizione vieta alla parte di delegare alla partecipazione alla procedura il proprio difensore cosicché il fondamento normativo della possibilità di attribuire ad esso una procura a conciliare ben può essere rinvenuto del disposto dell’art.83 cpc.
E’ proprio per questa ragione peraltro che quella facoltà viene solitamente inserita nelle procura alle liti.
La valorizzazione della peculiare funzione del primo incontro, quale momento non solo informativo ma anche facilitativo della conciliazione (ulteriore argomento addotto a sostegno della tesi qui criticata), poi non è da sola sufficiente a giustificare una deroga alla norma di carattere generale sopra citata.
Sono però le conseguenze alle quali conduce l’opinione in esame a palesarne più chiaramente la fragilità.
Essa infatti determina una disparità di trattamento tra la parte che ha interesse alla realizzazione della condizione di procedibilità (generalmente si tratta della parte che intende agire in giudizio) e le sue controparti, perché sola la prima è esposta alla grave sanzione processuale ipotizzata.
A ben vedere, l’orientamento qui divisato favorisce addirittura l’atteggiamento dilatorio della parte convenuta poiché questa potrebbe continuare, per un periodo di tempo indefinito, o non preventivamente definito, a farsi rappresentare in mediazione dal proprio difensore, impedendo la realizzazione del presupposto processuale e con essa l’accesso alla giustizia dell’attore.
Proprio quest’ultima considerazione induce poi ad escludere che, anche a voler ritenere che il legislatore abbia previsto come obbligatoria la presenza personale della parte al procedimento di mediazione, l’inosservanza di tale prescrizione possa determinare l’improcedibilità della domanda giudiziale, anche qualora fosse l’attore a partecipare alla mediazione tramite il suo difensore.
Del resto tale conseguenza non solo non è stata contemplata dal d.lgs. 28/2010 ma, a ben vedere, è stata da esso implicitamente ma chiaramente esclusa.
Il legislatore infatti ha previsto per la parte che non partecipa in nessun modo, senza giustificato motivo, alla mediazione obbligatoria ex lege, e tiene quindi un comportamento più grave di quello della parte che ci partecipa tramite il proprio difensore, la sanzione della condanna al pagamento del contributo unificato e la possibilità per il giudice di desumere dal suo comportamento argomenti di prova.
Tale impostazione viene però stravolta se si ricollega alla condotta meno grave una sanzione più severa della predetta quale l’improcedibilità della domanda.
Venendo alla regolamentazione delle spese di lite quelle relativa al rapporto tra attrice e Banca vanno poste a carico di quest’ultima in applicazione del principio della soccombenza.
Infatti non può attribuirsi rilievo ai fini di tale valutazione all’adesione parziale che tale parte aveva manifestato alla proposta conciliativa formulata in corso di causa da questo giudice, atteso che, anche a voler considerare la quota che avrebbe dovuto far carico all’altra convenuta, l’importo (euro 18.000,00) che, secondo quella proposta, avrebbe dovuto percepire l’attrice era di molto inferiore a quello che le viene riconosciuto con la presente sentenza.
Alla liquidazione delle somme spettanti a titolo di compenso si procede come in dispositivo sulla base del d.m. 55/2014.
In particolare il compenso per le fasi di studio, introduttiva e decisionale può essere determinato assumendo a riferimento i corrispondenti valori medi di liquidazione previsti dal succitato regolamento mentre quello per la fase istruttoria va quantificato in una somma pari ai corrispondenti valori medi di liquidazione, ridotti del 30% alla luce della considerazione che essa è consistita nel solo deposito delle memorie ex art.183 VI comma cpc, e nella partecipazione a quattro udienze.
All’importo così risultate di euro 6.738,00 va aggiunto quello del compenso all’incontro di mediazione quantificabile in euro 600,00.
All’attrice non può invece riconoscersi l’aumento di cui all’art.4 comma 2, d.m. 55/2014, poiché come detto, è soccombente nei confronti di S.L.
All’attrice spetta anche il rimborso delle spese generali nella misura consentita del 15% del compenso e di quelle vive come quantificate in sede di precisazione delle conclusioni ed ammontanti ad euro 1.749,75.
Le spese relative al rapporto tra attrice e l’altra convenuta vanno invece compensate atteso che la seconda, seppur vittoriosa, ha tenuto, a differenza dell’attrice e dell’altra convenuta, un comportamento reiteratamente e immotivatamente restio a qualsiasi soluzione conciliativa.
Infatti S.L. oltre a non partecipare al procedimento di mediazione come detto, ha rifiutato di fatto la proposta conciliativa che questo giudice aveva formulato senza fornire alcuna spiegazione di tale sua scelta, non potendo interpretarsi altrimenti il suo silenzio a fronte di essa, e tale contegno non pare conforme al dovere di cui all’art.88 cpc.
Infatti, in un contesto nel quale il legislatore attribuisce particolare valenza all’atteggiamento conciliativo, il predetto dovere ricomprende anche quello di prendere in considerazione ogni prospettiva conciliativa, ed in particolare quella proveniente dal giudice, e di motivare adeguatamente l’eventuale rifiuto di essa.
Sul punto la giurisprudenza di merito (Trib. Di Roma, Sez. XIII, 29 maggio 2014) ha affermato che: “il fatto stesso che la legge preveda la possibilità che il giudice formuli la proposta implica che non è consentito alle parti non prenderla in alcuna considerazione. Le parti hanno infatti l’obbligo di prendere in esame con attenzione e diligenza la proposta del giudice, e di fare quanto in loro potere per aprire e intraprendere su di essa un dialogo, una discussione fruttuosa, e, in caso di non raggiunto accordo, di fare emergere a verbale dell’udienza di verifica, lealmente, la rispettiva posizione al riguardo”.
P.Q.M.
Il Giudice unico del Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando ogni diversa ragione ed eccezione disattesa e respinta, così decide:
– rigetta… (omissis)
– compensa tra attrice e convenuta S.L. le spese processuali e condanna S.L. al versamento all’entrata del bilancio dello Stato della somma di 450,00 euro.
Verona 28.9.2016
Il Giudice

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