L’ASSENZA INGIUSTIFICATA CONCORRE ALL’AUMENTO DELLE SPESE DI LITE

In NOME del POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE di ROMA SEZIONE Sez.XIII°
REPUBBLICA ITALIANA

Il Giudice dott. cons. Massimo Moriconi
nella causa tra
A.P.
e
Dott. N.
ha emesso e pubblicato, ai sensi dell’art.281 sexies cpc, alla pubblica udienza del 26.6.2017 dando lettura del dispositivo e della presente motivazione, facente parte integrale del verbale di udienza, la seguente
SENTENZA
letti gli atti e le istanze delle parti,
osserva:
-1- I fatti – La responsabilità professionale del notaio C.C.
La negligenza del notaio C.C. nell’espletamento dell’incarico ricevuto è certa e grave (e sostanzialmente, ammessa).
Proprio per tale ragione, che rendeva inutile e puramente defatigatorio il percorso giudiziale fino alla sentenza, il giudice, all’esito di un approfondito studio della causa, con ordinanza del 16.6.2016, disponeva la mediazione demandata della lite, disponendo espressamente la notifica dell’ordinanza alla parte contumace.
I fatti in sintesi come descritti dall’attore e risultanti documentalmente:
omissis
In tale contesto la responsabilità del notaio è manifesta ed indiscutibile, essendosi il medesimo colpevolmente sottratto all’obbligo di diligenza che gli incombeva e che sarebbe stato facile soddisfare ponendo in essere ordinarie attività propedeutiche al-la stipula di un atto pubblico di alienazione di un immobile (visura ipocatastale presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari)
2-
Il fallimento della possibilità di un accordo quale conseguenza della mancata rituale partecipazione del notaio C. all’esperimento di mediazione disposto dal giudice
Invero, sotto quest’ultimo profilo, va evidenziato che al procedimento di mediazione, benché regolarmente (sempre) convocato, compariva e partecipava solo l’attore assistito dal suo avvocato mentre il convenuto era assente sia al primo incontro sia al secondo, richiesto dall’attore al solo fine di favorire la presenza del notaio ed avviare una trattativa.
Ancora assente al secondo incontro, l’attore richiedeva un terzo incontro, sempre allo scopo di pervenire ad un accordo.
A tale terzo incontro, il notaio non era presente (cfr. verbale del 17.10.2016 e ss. dell’organismo compulsato) se non a mezzo dell’avvocato che si dichiarava anche procuratore speciale (non esiste alcuna procura speciale ed in ogni caso la presenza personale è necessaria) del notaio
L’art.8 primo comma del decr.lgsl.28/10 è molto chiaro al riguardo:
Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato.
Quindi la presenza personale della parte è predicata dalla legge come indefettibile.
Ed il giudice ha costantemente avvertito, anche nell’ordinanza del 16.6.2016, che ai sensi e per l’effetto del secondo comma dell’art.5 decr.lgsl.28/’10 come modificato dal D.L.69/’13 è richiesta l’effettiva partecipazione al procedimento di mediazione demandata, laddove per effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e che oltre agli avvocati difensori siano presenti le parti personalmente (Per le persone giuridiche, pubbliche o private, “di persona” va riferito al soggetto – incaricato da chi è titolare del diritto oggetto della controversia – che ne abbia, ai fini che qui interessa); e che la mancata partecipazione (ovvero l’irrituale partecipazione) senza giustificato motivo al procedimento di mediazione demandata dal giudice oltre a poter attingere, secondo una sempre più diffusa interpretazione giurisprudenziale, alla stessa procedibilità della domanda, è in ogni caso comportamento valutabile nel merito della causa.
Ex multis: sentenza Tribunale di Roma n.3724/2016 del 22.2.2016
-3- La circostanza che l’avvocato del convenuto abbia dichiarato che il notaio non intendeva aderire al procedimento di mediazione confligge con il principio della necessaria effettività del procedimento di mediazione, così come predicato dalla giurisprudenza.
Con l’ordinanza del 16.6.2016 il Giudice disponeva un percorso di mediazione demandata ai sensi del comma secondo dell’art.5 decr.lgs.28/2010 come modificato dal d.l.69/2013, che veniva regolarmente avviato dall’attore.
Non essendo state comunicate (e neppure esposte dall’avvocato) motivazioni per la non partecipazione (personale) si deve ritenere che nel caso di specie non sussiste un giustificato motivo per la mancata partecipazione del notaio, che tale non è la presenza di un avvocato che si dichiara procuratore speciale.
Quand’anche si ritenesse rituale la partecipazione mediante procuratore speciale (il che è da escludere stante la ontologica necessità della partecipazione personale, nell’accezione di cui alla nota n. 2), egualmente va dichiarato che il convenuto si è reso inadempiente, ingiustificatamente, alla prescrizione della ordinanza del giudice che disponeva la mediazione demandata.
-3.1- La natura dell’incontro di mediazione di cui all’art 8 co. quinto della legge
Un’interpretazione che dell’art.5 della legge ) potrebbe indurre in equivoco opinando che ove le parti, o una di esse, neghino, a domanda del mediatore, che sussista la possi-bilità di iniziare la procedura di mediazione, il procedimento di mediazione sia correttamente concluso e la condizione di procedibilità della domanda giudiziale realizzata.
L’erroneità di tale opzione interpretativa è agevolmente dimostrabile.
Ed invero, che il procedimento di mediazione sia da ritenersi concluso allorché le parti dichiarino (come in questo caso ha fatto il procuratore del contenuto) di non volerlo e-sperire è esatto; che tale condotta delle parti sia corretta, sicuramente non lo è.
Sarebbe a dire, assecondando l’aporia, che da una parte la legge prescrive che per introdurre (o proseguire) la causa occorre che venga esperito il procedimento di mediazione (che consiste nelle attività ben descritte nella lettera a. dell’art.1 della legge, nonché negli artt. 8 commi 2-4 ed nell’art.11 della legge) e dall’altra che anche se le parti (ed in particolare il proponente la domanda di mediazione) dichiarano di non voler effettuare la mediazione (alla quale quindi non si è proceduto) ..la mediazione si considera svolta e la procedibilità attinta…
Un perfetto ossimoro.
Aderendo a tale accezione e tenendo bene a mente il significato della parola “mediazione” si dovrebbe ammettere che le parti abbiano il diritto potestativo di decidere di non svolgere la mediazione (finanche quando il giudice lo abbia ordinato!), ottenendo però il medesimo vantaggioso risultato (procedibilità, assenza di sanzioni per la mancata partecipazione) che se la mediazione fosse stata esperita davvero.
Conclusione questa del tutto azzardata ed irrazionale, perché significa predicare come avvenuta una cosa quando indiscutibilmente essa non lo è.
E non solo.
Immaginare che le parti in mediazione demandata (qual’è quella che ci occupa) possano ricevere le informazioni che il mediatore gli somministra nel corso del “primo incontro” (il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione) come un quid novi che dischiuda loro, solo in quel momento, le prospettive della mediazione e del suo significato, è cosa aberrante e confliggente, specialmente nella demandata, con la realtà, posto che le parti sono state già preventivamente informate di che trattasi. Una prima volta al momento del conferimento del mandato all’avvocato (cfr. art. 4 della legge, norma particolarmente puntigliosa al riguardo; che contiene anche una clausola di salvaguardia contro l’informativa mancata, con l’intervento suppletivo del giudice) ed una seconda, all’atto della doverosa informativa dell’avvocato al cliente del contenuto dell’ordinanza di mediazione demandata con il connesso dialogo che precede la presentazione della parte e dell’avvocato all’incontro.
Ed ancora.
Il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedi-mento di mediazione.
A fronte di tale impegno del magistrato, che presuppone lo studio degli atti, la valutazione di opportunità, e l’individuazione del momento migliore per la mediazione, e che si sostanzia infine nella redazione di un provvedimento che può anche contenere – come l’esperienza sempre più spesso attesta- utili spunti ed indicazioni per la discussione ed il confronto fra le parti con il mediatore, il non pòssumus delle parti (o di una di esse) si qualifica come ingiustificata e pregiudiziale renitenza ad un ordine legittimamente dato dal giudice ed espressione di un volontario quanto ingiustificabile rifiuto a priori di sperimentare realmente con lealtà e senza riserve mentali un percorso conciliativo.
-4- L’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme di cui agli artt. artt.8 co.I° e 2 bis dell’art. 5 del decr.lgsl.28/2010
Quale che sia stato l’intento (non dei più chiari e lineari) del legislatore, è necessario apprestare per le norme in commento un’interpretazione in linea con la Carta Costituzionale.
. .. .omissis (giurisprudenza nota)….
Anche in base a tale parametro l’interpretazione letterale non supera lo scrutinio di costituzionalità, essendo di tutta evidenza che solo in presenza di ragioni ostative forma-li/procedurali (si pensi ad esempio ad un convocato in mediazione caduto vittima di un grave incidente, per il quale è in corso la procedura per la nomina di un amministratore di sostegno; ad un convocato deceduto nelle more della presentazione all’incontro al quale si presenti uno degli eredi per dichiararlo, etc etc.) può ammettersi che sussista l’impossibilità ad iniziare la procedura di mediazione e quindi la ragionevolezza del considerare validamente concluso il procedimento di mediazione (con l’inveramento della condizione di procedibilità e l’assenza di sanzioni).
Per inciso, è notorio a chiunque abbia anche una sommaria pratica di mediazione, che dietro alla dichiarazione di impossibilità ad iniziare la mediazione ci sono pressoché sempre divergenze nel merito delle questioni che costituiscono la materia del contendere.
Dal che l’inevitabile sillogismo che una vera impossibilità ad iniziare la mediazione non esiste (quasi) mai.
Per completezza, è opportuno interrogarsi se così interpretata la norma, non si incorra nel rischio (opposto) di prefigurare una sorta di mediazione forzata che l’intervento normativo con le modifiche al testo originario del decr. lgsl.28/2010 di cui alla novella del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (artt.8 co. I° terzo periodo in poi e 2 bis dell’art. 5) intendeva scongiurare
Occorre intendersi sul significato della parola “mediazione”.
Dal punto di vista sostanziale, va da sé che le parti che partecipano all’incontro di mediazione sono del tutto libere di accordarsi o meno.
E pertanto nell’accezione di accordo, conciliazione et similia, la mediazione non è mai obbligata.
Né dal mancato raggiungimento dell’accordo in mediazione può derivare alle parti o a taluna di esse pregiudizio di sorta, di alcun genere.
Dal punto di vista procedurale, alla domanda se vi sia un obbligo a carico delle parti di partecipazione alla mediazione (intesa questa volta non come accordo, ma come procedura nel significato di cui alla nota 2) la risposta è invece senz’altro affermativa; come rivela in modo icastico tutto il sistema sanzionatorio previsto dalla legge (improcedibilità per la mancata proposizione della domanda, conseguenze negative previste dall’art. 8 della legge; possibile applicazione dell’art.96 co. III come riconosciuto dalla giurisprudenza, cfr. ex multis sentenza del Tribunale di Roma n.25218 del 17.12.2015 RG 59487/11)
Tale interpretazione – che ragionevolmente contempla l’eventuale situazione di inesigibilità della prosecuzione oltre il primo incontro informativo – è perfettamente in linea con la logica, il buon senso e la Costituzione.
Invero salvaguarda le parti dalla necessità dello svolgimento della mediazione (con i costi relativi) nei casi nei quali oggettive ragioni “pregiudiziali” non lo rendano possibile, nell’accezione supra illustrata; viceversa imponendolo, tutte le volte che la discussione possa concentrarsi sul merito e sul contenuto del conflitto, senza che possa fare da usbergo al soggetto renitente l’opinione di aver ragione e quindi di ritenere inutile dialogare con l’altra parte (per quanto all’evidenza viziata dal punto di vista logico, vera e propria aporia, è questa la più diffusa giustificazione che viene offerta da chi non intende aderire e partecipare alla mediazione: è di tutta evidenza l’illogicità e la pochezza dell’argomento: il presupposto normativo e assiologico dell’istituto mediazione è per l’appunto che vi sia una lite (che mediante l’ausilio del mediatore si tenterà di comporre riannodando il filo del dialogo e della comprensione reciproca delle rispettive ragioni), il che sottoindente necessariamente che la parte è convinta di avere ragione e di non condividere l’opinione e le pretese che giudica infondate, della parte opposta, ché, in caso contrario, non esisterebbe neppure la lite!
-5- Le parti ( o taluna di esse) si fermano ingiustificatamente all’incontro informativo: conseguenze
La verbalizzazione delle ragioni della impossibilità di procedere alla media-zione.
In mancanza di qualsiasi dichiarazione, che le parti possono richiedere di verbalizzare liberando in tal modo il mediatore dall’obbligo di riservatezza, sulla ragione del rifiuto di proseguire nel procedimento di mediazione, tale rifiuto va considerato non giustificato.
Invero la regola di base espressa dal decreto legislativo 28/2010 è l’obbligatorio svolgi-mento del procedimento di mediazione di cui agli artt. 5 commi 1 bis e 2 (come attesta inequivocabilmente il sistema sanzionatorio previsto dalla legge stessa per la mancata partecipazione, oltre che, a fortiori, per la mancata introduzione della domanda di mediazione)
Ne consegue che il rifiuto di procedere e partecipare alla mediazione costituisce la violazione della regola.
E, come per ogni violazione, in qualsiasi sistema (penale e non), è la parte che invoca una giustificazione a doverla quanto meno allegare.
Le conseguenze di tale rifiuto – ingiustificato- di procedere e di partecipare alla media-zione sono, se espresso dall’istante/attore, sovrapponibili alla mancanza tout court della (introduzione della domanda di) mediazione.
Sarebbe infatti un’aporia ritenere soddisfatto il precetto della legge in materia di mediazione obbligatoria e demandata, ritenendo che sia sufficiente al fine di integrare la condizione di procedibilità la semplice formale introduzione della domanda.
Il legislatore persegue l’obiettivo dell’accordo e della pacificazione e una domanda di mediazione che rimanga monca, senza alcun seguito, non serve a tale scopo.
Con quanto ne consegue (improcedibilità della domanda ai sensi dell’art. 5 co. II° decr.lgsl.28/10 per la parte istante, attore nella causa)
Non può infatti essere oggetto di dubbio – giova ribadire quanto supra ampiamente di-mostrato – che il mero incontro informativo (che, per come configurato dalla legge, nulla ha a che vedere con lo specifico merito della controversia insorta fra le parti), non può, specialmente nella mediazione demandata, neppure con i più acrobatici sforzi dia-lettici, essere parificato allo svolgimento dell’esperimento della mediazione
La quale, come ricordato, consiste nell’attività, comunque denominata, svolta da un ter-zo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa (art. 1 del decr.lgs.28/10).
Nel caso di specie il deficit di diligenza del convenuto (contumace ma ben a conoscenza dell’ordinanza di mediazione demandata) è particolarmente evidente.
Va ricordato infatti che nell’ordinanza del 16.6.2017 il Giudice aveva evidenziato in neretto e sottolineato la necessità di effettiva partecipazione al procedimento di media-zione della parte personalmente e che è richiesta l’effettiva partecipazione al procedimento di mediazione demandata, laddove per effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e che oltre agli avvocati difensori siano presenti le parti personalmente
Per contro il notaio convenuto,
Ø nonostante il chiaro provvedimento del Giudice NON ha inteso partecipare personalmente;
Ø ha impedito mediante il suo procuratore intervenuto (solo) al terzo incontro che il mediatore potesse svolgere il suo lavoro.
-6- Le conseguenze dell’ingiustificata mancata adesione del convenuto contumace al procedimento di mediazione.
L’art.8 co.IV° bis prima parte del decr. lgsl. 28/2010 relativamente alla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione prevede che il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.
..omissis (giurisprudenza nota)….
Alla luce di quanto precede, si ritiene che l’assenza di giustificati motivi per la mancata partecipazione personale del dott. C.C. alla mediazione demandata dal giudice, in forza del combinato disposto degli artt. 8 co.IV° bis del decr. lgsl. 28/2010 e art. 116 c.p.c., concorra alla valutazione del materiale probatorio già acquisito, nel senso di ritenere raggiunta la prova della omissione, colposa, da parte del notaio dell’effettuazione dei necessari (ed invero) elementari accertamenti (ipocatastali), in particolare quelli diretti ad accertare la titolarità del bene in capo all’alienante, nonché dell’esistenza e dell’ammontare dei danni, richiesti, in modo sobrio ed appropriato, nella misura corrispondente al prezzo pagato per l’appartamento int. 5 ed il box n.5 , €.75.000,00 oltre al corrispettivo versato al notaio pari ad €.2.700,00, oltre interessi e rivalutazione secondo i calcoli usuali.
-7- Le spese della soccombenza, aumentate per la ingiustificata adesione al procedimento di mediazione
Le spese (che vengono regolate secondo le previsioni – orientative per il giudice che tiene conto di ogni utile circostanza per adeguare nel modo migliore la liquidazione al caso concreto, ed in questo caso non può non tenersi conto del fallimento della mediazione causato dalla ingiustificata partecipazione del notaio – della l.24.3.2012 n.27 e del D.M. Ministero Giustizia 10.3.2014 n.55) seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo
La sentenza è per legge esecutiva.
P.Q.M.
definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede:
• CONDANNA C.C., di cui dichiara l’inadempienza contrattuale, al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni, in favore di A.P. della complessiva somma di €.113.000,00 oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo;
• CONDANNA C.C., al pagamento delle spese di causa che liquida in favore di A. P. in €.20.000,00 per compensi, €. 800,00 per spese, oltre IVA CAP e spese generali;
• SENTENZA esecutiva.
Roma lì 26.6.2017
Il Giudice
dott. cons. Massimo Moriconi

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